Il Dossier UNICMI sui decreti energetici

UNICMI analizza, all’interno del nuovo quadro normativo, il parametro prestazionale H’t e le ricadute sulla libertà di progettare e costruire.

UnicmiSintesi del nuovo quadro normativo nazionale di riferimento
Il 15 luglio 2015 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 i tre attesi Decreti Ministeriali in materia di risparmio energetico in edilizia, elaborati dal Ministero dello Sviluppo Economico, che riscrivono il quadro legislativo in materia di efficienza energetica degli edifici rappresentato dal D.Lgs. 192/2005 e dalle sue successive modificazioni e integrazioni. Tali disposizioni legislative nazionali sono entrate in vigore lo scorso 1° ottobre 2015 introducendo importanti novità in materia di certificazione energetica degli edifici e nuovi limiti di prestazione termica da rispettare per l'involucro edilizio trasparente e opaco in determinati interventi edilizi. I tre Decreti Ministeriali sono di riferimento univoco per tutte le regioni italiane, ovviando in questo modo alla precedente frammentazione normativa dovuta all'ampia autonomia regionale nel recepire la precedente Direttiva 2002/91/UE. Dei tre decreti pubblicati, quello che interessa di più le categorie produttive di materiali e tecnologie per l'involucro è il terzo: "Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici" del 26 giugno 2015. Esso infatti definisce le modalità di calcolo della prestazione energetica, nuovi requisiti minimi di efficienza per gli edifici di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazione e a riqualificazione energetica. Rispetto alle disposizioni legislative precedentemente in vigore, il decreto introduce gli standard energetici minimi per gli edifici nuovi e per quelli ristrutturati, ottimizzando il rapporto costi/benefici degli interventi, per arrivare a realizzare gli Edifici a Energia Quasi Zero (NZEB) previsti dalla Direttiva 2010/31/UE. Le prescrizioni dettate dal decreto ministeriale cambiano in funzione della tipologia di intervento edilizio (nuova costruzione, ristrutturazione importante di primo oppure secondo livello, riqualificazione energetica) e si applicano a edifici sia pubblici sia privati. Per edifici di nuova costruzione s'intendono quei fabbricati il cui titolo abilitativo sia stato richiesto dopo l'entrata in vigore del decreto. Inoltre, sono assimilati a nuova costruzione gli edifici sottoposti a demolizione e ricostruzione, qualunque sia il titolo abilitativo necessario, e gli ampliamenti di edifici esistenti la cui nuova porzione abbia un UNICMIvolume lordo climatizzato superiore al 15% di quello esistente o comunque superiore a 500 m3. Per interventi di ristrutturazione importante di primo livello si intendono quelli che interessano l'involucro edilizio con un'incidenza superiore al 50% della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio, comprendendo anche la ristrutturazione dell'impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva asservito all'intero edificio. Per interventi di ristrutturazione importante di secondo livello si intendono quelli che interessano l'involucro edilizio con un'incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio e possono interessare l'impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva. Negli interventi di riqualificazione energetica rientrano quelli non riconducibili agli interventi succitati e che hanno un impatto sulla prestazione energetica dell'edificio.

Nuovi parametri prestazionali, in particolare l'H't
L'efficienza energetica passa dunque attraverso il dualismo impianti involucro e soprattutto su quest'ultimo, dato che il decreto introduce nuovi limiti t "target" di trasmittanza termica sia per le parti opache che finestrate. Vi è, all'interno del decreto, un'impostazione fortemente prestazionale di tipo "olistico", con l'introduzione di indicatori di prestazione (EP - indici di prestazione energetica) sul comportamento complessivo dell'intero edificio, ma anche "derive" di tipo prescrittivo su prodotti e materiali dell'involucro. In particolare citiamo la forte riduzione dei limiti di trasmittanza termica dei serramenti nel confronto con quelli attualmente in vigore, ma anche l'introduzione del concetto dell'edificio di riferimento per le modellazioni termiche, caratterizzato da specifici valori di trasmittanza per le parti trasparenti e opache dell'involucro. Inoltre, e specificatamente per l'involucro, è stato però introdotto un nuovo indicatore: il coefficiente medio globale di scambio termico per trasmissione per unità di superficie disperdente H't, i cui limiti sono indicati nell'Allegato A al decreto, per interventi di nuova costruzione, ristrutturazioni importanti di primo e secondo livello (vedi tabella 1).

NumeroTabella 1 - Valore massimo ammissibile del coefficiente globale di scambio
termico (H’t) in W/m2K

Criticità e difficoltà nell’applicare l'H't
Senza dubbio, per il settore dell’involucro vetrato, l'aspetto più delicato e critico dato dal nuovo scenario normativo è costituito dal coefficiente globale di scambio termico H't, sia per la severità dei limiti imposti che per la sua applicazione, di fatto, a tutti gli interventi edilizi rilevanti, dalla nuova costruzione alla ristrutturazione edilizia. È necessario specificare che il coefficiente H't costituisce, a giudizio di UNICMI, un parametro di valutazione piuttosto anacronistico, penalizzante nei confronti di alcuni prodotti e del tutto in contrasto con la filosofia del decreto stesso, che invece adotta un approccio "olistico" al tema del consumo energetico, introducendo, come abbiamo già sottolineato, parametri di efficienza e indici di prestazione energetica globale dell'edificio (EPh). Si tratta, tra l'altro, di un coefficiente introdotto solo nel recepimento italiano della normativa europea e assente negli altri Paesi UE di riferimento. Aspetto particolarmente critico del coefficiente H't è che esso non risulta declinato in funzione delle varie destinazioni edilizie, il che lo fa apparire troppo grossolano e fortemente penalizzante nei confronti dell'architettura più moderna e contemporanea, con particolare riferimento agli edifici vetrati, a sviluppo verticale e, comunque, a tutti quegli edifici con un non favorevole rapporto S/V. Ma veniamo alla questione del merito prestazionale dei valori numerici contenuti nella tabella dell'"H't". Questi limiti devono considerarsi valori incredibilmente restrittivi e difficilmente aggiungibili anche alla luce dell'impiego delle migliori e più avanzate tecnologie dell’involucro. L'inserimento di tali parametri in alcune simulazioni energetiche hanno dimostrato una contraddizione tra valori di "H't" e limiti prestazionali sui singoli componenti dell'involucro (trasparente e opaco) posti a base della modellazione dell'edificio "target" (cioè energeticamente efficiente) introdotto dalla normativa stessa. In buona sostanza, a seconda della fascia climatica, destinazione d'uso e rapporto S/V, può avvenire che, pur rispettando i parametri prestazionali di trasmittanza termica dell’edificio di riferimento, il valore di H't non risulti verificato in quanto eccessivamente severo. Queste prime modellazioni indicano che, limitandosi alla sola edilizia residenziale di nuova costruzione in zona climatica E (per intenderci quella più densamente abitata) e volendo rispettare il parametro H't, le superfici trasparenti di una normale palazzina a quattro piani non possano essere superiori al 15% della superficie delle facciate.

Ricadute per il settore dell'edilizia a seguito dell'introduzione dell'"H't"
Benché l'intenzione del legislatore sia certamente più che apprezzabile, la modalità con cui il principio di efficienza energetica dell'involucro è applicato e tradotto in pratica sembra anacronistica e molto lontana dalla realtà professionale, progettuale e costruttiva attuale nel campo delle facciate continue (o tecnologiche che dir si voglia). Il limite per il coefficiente H't è significativamente basso e difficilmente raggiungibile con i sistemi di facciate continue (e non solo), anche le più avanzate, utilizzate nel settore delle costruzioni. Quanto sopra comporta un significativo aggravio di costi, difficilmente giustificabile dal miglioramento prestazionale della facciata in un'ottica di costi/benefici e di tempi di ritorno dell’investimento. La conseguenza evidente, e di cui gli operatori del settore stanno avendo esperienza, è la rinuncia a intervenire, vista la difficoltà a rientrare dai costi sostenuti. Dal punto di vista esclusivamente prestazionale, un valore di H't molto basso potrebbe non essere garanzia di efficienza energetica dell’edificio. Uno scambio termico eccessivamente basso potrebbe risultare critico in edifici a uso terziario e commerciale, impedendo lo smaltimento di carichi interni elevati (computer, luci, server, ecc.), che graverebbero quindi sull'impianto di condizionamento.

UNICMIIl coefficiente H't così definito è da applicarsi su nuove costruzioni o ristrutturazioni indipendentemente dalla destinazione d'uso e dalla tecnologia costruttiva adottata. Questa concezione è limitativa e anacronistica, poiché non è pensabile che edifici a torre o per uffici debbano obbligatoriamente essere realizzati con sistemi a cappotto di notevole ingombro e superficie e (poche) triple vetrate. Queste costituirebbero, inoltre, un incremento dei carichi gravanti sulla struttura portante dell'edificio, con le relative conseguenze, soprattutto se già esistenti. Vi è inoltre il rischio di modifiche sostanziali a progetti in fase già avanzata, con le conseguenze in termini di oneri aggiuntivi di progettazione sui professionisti. Quanto sopra detto alcuni professionisti lo stanno, purtroppo, già sperimentando in prima persona. I principali studi di progettazione operanti sul mercato italiano dichiarano esplicitamente la loro sostanziale impossibilità di progettare determinati interventi all'interno dei limiti del Decreto Ministeriale. Per assurdo, tutti i nuovi progetti, sviluppati sino a "ieri", benché siano magari caratterizzati da Certificazioni in Classe A o B e LEED Platinum o Gold, non sarebbero oggi più realizzabili. Paradossalmente, se applicassimo, oggi, i nuovi requisiti alle sedi istituzionali degli enti regionali (il nuovo Palazzo Lombardia, ma anche la nuova Sede Unica della Regione Piemonte a Torino - ancora in costruzione), queste non risulterebbero tecnicamente realizzabili, a meno di introdurre pesanti modifiche architettoniche e tecnologiche agli stessi edifici. Gli attuali sviluppi immobiliari di Milano, come Citylife e Porta Nuova, sembrano anacronistici, pur avendo facciate continue con trasmittanze termiche allineate a valori già molto prestazionali (mediamente inferiori a 1,3 W/m2). Si tratta perciò di un requisito che interviene in modo determinante sugli aspetti propri dell'architettura, precludendo in generale la possibilità di realizzare edifici con facciate trasparenti e, in  particolare, rendendo indispensabili modifiche radicali a progetti molto importanti già in itinere. Il rischio notevole che si sta correndo e di cui siamo testimoni è che committenti e investitori rinuncino a intervenire sul patrimonio edilizio esistente, visti gli extra-costi che sarebbero costretti a sostenere. Sta passando il pericoloso concetto per cui il legislatore, fissando un'asticella troppo alta, scoraggia e blocca gli interventi con richieste "estreme" e difficilmente sostenibili finanziariamente, piuttosto che incoraggiare efficientamenti più graduali, con obiettivi meno ambiziosi. Per fare un esempio concreto, un extra-costo di 200 euro/m2 per raggiungere i nuovi limiti su un intervento di 40.000 m2 di facciata UNICMIsignifica mettere 8.000.000 di euro in più a budget, con benefici di ritorno economico tutti da dimostrare. Dal quadro tecnico-normativo sopra descritto deriva, di conseguenza, una fortissima penalizzazione alla progettazione architettonica, con risvolti che diventano ancora più gravi se si pensa al fatto che il parametro H't si applica anche in caso di ristrutturazione edilizia. Lo scenario, in questo caso, è ancor più complicato in quanto in molti casi, differentemente dalla nuova costruzione, forma, dimensioni, percentuale delle superfici trasparenti e opache non sono ovviamente modificabili, ma sono un dato esistente e oggettivo dell’edificio.

UNICMIEdifici prestigiosi, come la torre "Galfa" a Milano, o la torre "Velasca" sempre a Milano, ma anche una buona parte dei "normali" edifici esistenti degli anni '70 e '80, non avrebbero concreta possibilità di riqualificazione alla luce dei nuovi "decreti energia". Si palesa dunque un concreto rischio di blocco delle attività di investimento in nuovi edifici, ma soprattutto di blocco delle iniziative nel settore della ristrutturazione edilizia che costituisce quasi il 70% dell’attività edilizia in Italia. Anche in questo caso, la questione non attiene più lo specifico dei produttori di serramenti e facciate in metallo e vetro ma, nel complesso, gli effetti dell'applicazione di normative molto incisive sull'attività professionale e imprenditoriale di chi opera nel settore delle costruzioni, come anche sui programmi edilizi dei committenti. Va detto con altrettanta forza, che alcuni aspetti dei decreti rischiano, però, non solo di provocare gravi conseguenze per il comparto industriale italiano delle facciate continue (un settore che vale 500 milioni di euro di fatturato del "made in Italy" nel mondo), ma anche di porre enormi limiti progettuali all’architettura e di condizionare i valori del mercato immobiliare 10 italiano.

www.unicmi.it

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